sabato 12 aprile 2014
giovedì 10 aprile 2014
Gesù: un ebreo cristiano.
Gesù: un ebreo cristiano.
Mettiamo in crisi il nostro punto di vista sulla figura di Gesù, ribaltiamo ciò in cui abbiamo sempre creduto e confrontiamo le notizie dei Vangeli con le informazioni che ci racconta la storia.
Su cosa si fondano tutte le conoscenze della figura di
Gesù, almeno dal punto di vista religioso?
Tutte le informazioni che abbiamo riguardo alla figura di
Gesù derivano da un corpus di opere formatosi circa tre secoli dopo la morte del
nazareno, di cui fanno parte testi come il Vangelo, le Lettere, gli Atti degli
Apostoli, che sono opere trascritte, probabilmente, sulla base di altri testi
apocrifi.
Chi ha tramandato queste informazioni, se Gesù non ha
lasciato nulla di scritto?
Tutto ciò che noi leggiamo su Gesù non è stato scritto
dagli Apostoli, che lo conoscevano direttamente, ma da altre persone che ,
potremmo dire, parlavano “per sentito dire” e che, di fatto, non erano stati
testimoni oculari del’operare del Nazareno. In ogni caso, poi, ciascuna
scrittura ricostruisce la figura di “Cristo” in modo diverso, rispondendo ai
bisogni di una precisa comunità e rielaborando i “logoi” di Gesù, vale a dire
le frasi che lui ha sicuramente detto, innestandole in un patrimonio mitico che
racconta avvenimenti di cui noi non siamo in grado di provare la realtà, come
ad esempio la nascita verginale di Gesù, il suo processo, la sua resurrezione.
Se infatti noi confrontassimo i Vangeli, potremmo vedere tra loro molte
discordanze, e proprio per questo essi non possono essere definiti come dei
documenti storici.
Dunque queste notizie non sono storicamente attendibili. Cosa
ci racconta la storia di Gesù?
Gesù era un ebreo e, come tale, come anche il suo maestro
Giovanni Battista (che non ha nessun rapporto di parentela con lui, come invece
ci insegna la religione cristiana) egli credeva che il “Regno di Dio” fosse
imminente, e per questo il suo unico scopo era quello di preparare gli animi
degli uomini a questa venuta, purificandoli. Testimonianza di ciò è la sua
unica preghiera, il “Padre Nostro”. Quando egli, infatti, recita le parole
“dacci oggi il nostro pane quotidiano” altro non intende dire che in futuro non
ci sarà bisogno di altro pane, perché avverrà la realizzazione del “Regno dei
Cieli”.
Gesù, dunque, non credeva nell’immortalità dell’anima. Perché
la nostra religione parte da un assunto che non è stato mai enunciato dal suo
fondatore?
Perché coloro che hanno messo in forma scritta i suoi
insegnamenti, che non avevano mai ascoltato direttamente dalla sua bocca, tra l’altro,
spesso hanno travisato le sue, o meglio, le parole di chi ha parlato loro del
nazareno e dei suoi insegnamenti. Uno di questi è San Paolo, che racconta di
essere stato convertito da una visione durante una persecuzione, che lo avrebbe
spinto ad entrare in contatto con la comunità dei cristiani di cui Giacomo,
fratello di Gesù, era ormai diventato capo. Nelle sue lettere egli testimonia
di credere nell’imminenza del Regno di Dio, e di fatto, in una di queste, cerca
di convincere gli uomini dell’inutilità di prender moglie, ma le sue
testimonianze, talvolta, riportano
parole che Gesù non avrebbe mai detto: egli non parla mai di fede in lui, non
dice mai che si immolerà per i nostri peccati.
San Paolo potrebbe essere considerato, allora, come il
vero fondatore della fede cristiana. Chi era realmente Gesù?
Gesù sarebbe potuto essere un predicatore come molti
altri di quel tempo: alcuni lo credevano un Esseno, ovvero parte di una tribù
che aveva come protettore un dio crocifisso, o ancora altri lo consideravano un
rivoluzionario politico, in quanto la scritta sulla sua croce, “INRI”, lo
condannerebbe politicamente come un uomo che si era autonominato re. È un atto
di fede credere che Gesù sia realmente “Figlio di Dio”, e neanche i miracoli
sarebbero testimonianza della sua “divinità”: sicuramente Gesù sarà stato un
grande taumaturgo, ma i miracoli esistono in tutte le tradizioni e quindi
dovrebbero essere veri per tutte le religioni.
Niente e nessuno, allora, ammette che la nostra religione
sia valida. Qual è, a questo punto, la religione più “vera”?
Gli uomini hanno sempre preteso l’esistenza di una
“ortodossia” e di una “eterodossia”, ma c’è una grande differenza tra la
religione, che ammette una sola risposta, e la spiritualità, che invece ne
ammette molteplici e il cui unico scopo è quello di entrare in contatto con la
divinità. Siamo in una realtà divina, e ognuno di noi ha la sua strada per
poter entrare in contatto con il divino, mentre la religione intende inculcarci
la sua unica strada, nella maggior parte dei casi sbagliata. Anche se
esistessero più divinità, esse sarebbero in ogni caso frutto di un’unica
radice, di uno 0, divinità unica nominata in tanti modi diversi ma che si
riconduce al tutto.
In questo modo si nega l’esistenza del demonio?
Il demonio altro non è che separazione dal divino. Una
parte demoniaca esiste in tutti noi, e la mente umana ha ancora molti suoi
aspetti da mostrarci per poter riuscire a spiegare pratiche come l’esorcismo.
E per quanto riguarda il “paradiso”?
Socrate ci avrebbe invitato a sospendere il nostro
pensiero sulle verità ultime, e noi faremo altrettanto.
Alla fine, la nostra religione, o meglio, ciò che essa ci
spinge a credere, è da considerare come storicamente attendibile?
Al giorno d’oggi gli storici tendono a dare importanza,
legittimità storica, a tutti i Vangeli, anche agli apocrifi e agli gnostici, ed
è forse proprio per questo che nessuno storico è mai riuscito a combaciare fede
e storia.
Intervista costruita da Giovanna Pallotta sulla base di una
discussione in classe.
mercoledì 9 aprile 2014
lunedì 7 aprile 2014
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