Immaginate una scena: una ragazzina, quasi adolescente,
chiede a una donna molto, ma davvero molto più grande di lei, in quale misura
il suo uomo le arrecasse piacere … carnale. Aggiungeteci, poi, che la suddetta
donna non sia una qualunque, ma la Madonna in persona, a cui, di fatto, viene
chiesto di parlare di quanto Giuseppe la soddisfacesse, di quanti fratelli
avesse suo figlio, Gesù, di quanto piacere (carnale, sempre) riuscisse a
provare. Ora immaginate di leggere tutto questo in un libro: cosa fareste, cosa
pensereste della mente che ha formulato e poi messo per iscritto una cosa del
genere? Probabilmente le anime più pure e cristiane sarebbero prese da un moto
irrefrenabile che le porterebbe a chiudere il libro in un batter d’occhio,
pensando non valga la pena di continuare; altre, più perverse, continuerebbero
a leggere, magari per vedere fin dove le fantasie appena accennate possano
spingersi. Confesso che io faccio parte della prima schiera di lettori e,
magari, sono rimasta così folgorata da alcuni passi della storia da non tenere
neanche in considerazione la parte di lettori, che magari è la più cospicua,
che ha letto questo passo senza battere ciglio, come se niente fosse, calandosi
a pennello nella fantasia letteraria. Questo perché, prima dell’incontro con
l’autrice, Antonella Cilento, io, questo libro, non lo avevo capito affatto. E
di conseguenza, quando ci si ferma all’apparenza delle cose, presi da
pregiudizi errati, non si fa caso alla profondità che tali cose, spesso,
nascondono. D’altronde sono proprio i pregiudizi la parte essenziale del libro:
pregiudizi nei confronti delle donne che, nel ‘600, anno in cui la vicenda si
svolge, venivano relegate nella parte più bassa della società; pregiudizi che
sussistono ancora oggi nel nostro rapporto con la sessualità, che rendono
alcuni argomenti dei “tabù” che molto spesso ci vietano, addirittura, di
conoscerci come dovremmo. L’autrice nel suo libro affronta tutto questo: crea
un paradosso suggestivo, quello di una ragazza, tra l’altro muta (il che
dovrebbe renderla a maggior ragione “schiava del sistema”) che trova una
scappatoia per vivere una maggiore
libertà … in tutti i sensi. Il tutto intessuto di comicità, leggerezza,
passione, che però non vietano alla scrittrice di trattare tematiche più serie
e, spesso, difficili. Antonella Cilento, infatti, ha la capacità di denunciare,
anche tra una battuta in napoletano e l’altra, molte abitudini del passato,
consentendoci, molto spesso, addirittura di fare un salto nel presente per confrontare
la situazione di quei tempi con quella dei nostri, portandoci a renderci conto
che forse le differenze tra la storia passata e quella contemporanea non sono
molte, soprattutto se prendiamo in considerazione particolari aree del mondo, e
che forse le donne sono ancora vittime di pregiudizi come lo erano allora. Ma non
solo: il libro è un romanzo storico ed è pieno di riferimenti storici,
artistici e musicali rispetto all'epoca in cui si svolge: dalla peste, a Masaniello con i suoi ribelli, e ancora alla citazione di nomi di numerosi
artisti e titoli delle più belle opere musicali del tempo. La suggestività
della storia, insomma, cresce di pagina in pagina, e conoscere l’autrice, avere
conferma della sua assennatezza e sentire a pelle la sua leggerezza riguardo a
temi che noi siamo soliti snobbare, la sua facilità nel discuterne e di
offrirli, mi ha fatto completamente aprire la mente riguardo al libro e
riguardo agli argomenti trattati in generale, consentendomi non solo di capirlo
al meglio, ma anche di farmi interessare a tematiche da approfondire. Senza
contare il vero e proprio “piacere della lettura” che è offerto dalla storia:
l’intrigo della rende tutto il resto sottile, e di conseguenza ancora più
interessante.
Giovanna Pallotta
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