domenica 22 marzo 2015

Amor patris


A dire la verità, l'incontro con Antonio Scurati non mi ha colpito particolarmente. Scrittore abbastanza rinomato, ha parlato del suo ultimo libro, "Il padre infedele", - vincitore, tra l'altro, anche del Premio Strega - eppure non mi ha coinvolto. Insomma, non è stata una di quelle giornate da non dimenticare. Il motivo principale, però, è che non ho letto il libro. Non ho potuto comprendere appieno le parole dell'autore e non ho potuto giudicare la sua opera con atteggiamento critico proprio perché ne so ben poco. Sono sicura che si tratta di un bel libro, ma non posso permettermi di commentarlo. E' stata molto più interessante, invero, la presentazione fatta in classe, il giorno precedente, dal professore Sguera. Mentre dell'incontro con Scurati ricordo ben poco, molte parole del professore, al contrario, mi sono rimaste impresse nella mente. 
Pur non avendo letto "Il padre infedele", mi sono immersa in uno dei temi che vi sono affrontati - che, tra l'altro, da quanto mi sembra di aver capito, è il più interessante - , ossia quello della "rivoluzione paterna", nella quale siamo completamente immersi. A scuola studiamo società patriarcali, uomini severi e dispotici, privi di sentimenti, senza renderci conto che questo mondo, che ci sembra lontanissimo da quello attuale, non lo è poi così tanto. Erano uomini autoritari anche i nostri nonni. I nostri genitori sono cresciuti senza il loro affetto. Per mia madre, suo padre era semplicemente colui che stabiliva le regole, il detentore dell'ordine e della giustizia. Sono ancora autoritari, addirittura, anche alcuni padri moderni. Molti bambini continuano ad essere cresciuti soltanto dalle loro madri. La società, però, a grandi linee, è cambiata, sta cambiando. Stiamo vivendo una vera e propria rivoluzione; io stessa ne faccio completamente parte. I padri si stanno "affemminando", stanno iniziando ad assumere il ruolo delle madri, a dedicarsi alla cura dei figli come della casa e ad instaurare con essi un rapporto di empatia.
La domanda si pone da sola, inevitabilmente: quale, tra i due "tipi" di padre, è il migliore? Come deve essere il padre perfetto? E' meglio essere un padre di prima o di seconda generazione? 
So di essere ancora troppo piccola per poter comprendere appieno cosa significhi essere genitori, aver cura di un individuo che è sangue del tuo sangue, carne della tua carne. Sono consapevole di non avere ancora capito completamente cosa sia la famiglia, eppure mi sento in grado di rispondere. Molte tra le mie amiche hanno dei padri autoritari, quei padri di vecchia generazione. Sinceramente, si vede ad occhio nudo che la loro debolezza, fragilità, mancanza di autostima non è altro che una conseguenza delle carezze mai ricevute. Ne sono sempre stata convinta. Non voglio certo dire che tutti i padri autoritari non siano capaci di educare i loro figli, anche perché, per quanto riguarda l'imporre delle regole, si dimostrano essere  molto bravi, forse anche migliori dei padri di nuova generazione. E' sbagliata, però, a mio parere, la maniera in cui essi li educano. Stabilire delle leggi non implica il rifiuto dell'amore. Si può - e si deve- essere severi quando è necessario, perché, in alcuni casi, bisogna farsi valere ed essere rigidi, ma la parte più importante nelle relazioni tra padre e figlio è quella che riguarda l'affetto.
Sono una ragazza abbastanza ben educata perché mio padre ha saputo trasmettermi giusti modello di comportamento senza che io non abbandonassi mai la fiducia e la stima nei suoi confronti. Sono quella che sono perché i miei genitori hanno saputo essere al contempo miei capi e miei amici. Li ho sempre rispettati non perché vedo in essi degli uomini potenti, severi e,quindi perché no, anche "cattivi", ma perché li considero delle persone buone, che sanno cos'è il giusto e lo sbagliato, e non voglio far altro che insegnarmelo. Sono fiera di essere figlia di un padre di seconda generazione, che fino a qualche anno fa era il mio fidanzato, l'uomo che mi metteva la pomata quando mi facevo male, mi teneva la mano ogni volta che ero dal dentista, mi regalava il giocattolo che tanto desideravo per ricompensarmi dei miei buoni atteggiamenti, che, quando mi veniva a prendere all'uscita dalla scuola, mi toglieva lo zaino dalle spalle perché pesava e che, di notte, ogni tanto si svegliava e si alzava dal letto per controllare se dormivo tranquilla. Un padre che mi ha anche dato degli schiaffi, pochi - davvero pochi in confronto a quanti, invece, ne hanno ricevuti le mie amiche - ma che mi sono bastati per comprendere le sue lezioni. Un uomo che ancora adesso mi chiama "miss" e che si ingelosisce quando mi vede con un altro ragazzo. Adesso entrambi sappiamo che i tempi sono cambiati, che lui non è più il mio fidanzato, ma anche se io desidero forse allontanarmi sempre di più, continua ad amarmi.Si può insegnare qualcosa anche attraverso l'amore, quindi perché dovremo eliminarlo? L'amore non è mai una risposta sbagliata.

Aurora Mella

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