martedì 24 marzo 2015

Il papà: il primo uomo di ogni donna

L'incontro con Scurati, avvenuto proprio nel giorno in cui ricorre la festa del papà, si è focalizzata sul suo libro "Il padre infedele" che può essere definito in parte autobiografico difatti proprio come il protagonista Glauco anche Scurati è divenuto padre in tarda età di una bimba. Attraverso questa nascita che l'autore designa come l'unico e vero evento che segna profondamente la vita di ogni uomo, egli rivela una verità, che magari agli occhi di una diciassettenne può apparire lontana dal suo mondo pieno di passioni e sentimenti travolgenti; lasciandole nella mente questa frase " quando nasce un bambino muore  una coppia".
Per me è incomprensibile pensare che la conseguenza pìù bella di un amore, ossia la nascita di una creatura, può portare alla morte dell' amore che l' ha generata, ma poi pensandoci meglio mi rendo conto come le attenzioni richieste da un bambino dalle notti insonni ai pannolini da cambiare  limitano la possibilità di dedicarsi al proprio partner e a mettere in primo piano  il bambino, che da quel momento in poi sarà il centro della vita di un genitore.
La figura paterna è sempre stata relegata in secondo  piano rispetto a quella materna come più volte  ci ha fatto notare Scurati aggiungendo che però le cose sono cambiate e attualmente si possono distinguere due diverse figure paterne: la prima è quella del padre autoritario proprio di qualche ventennio fa, la seconda è quella del padre-madre che è sempre più partecipe della vita del figlio. Inutile nascondere che il legame tra un padre e una figlia sia qualcosa di indissolubile e ha un ruolo fondamentale nella vita dei figli e in particolare di quelle femmine. La presenza del papà dà l'imprinting ai futuri rapporti che la bambina, poi ragazza e infine donna avrà con tutti gli altri uomini che incontrerà e riattiveranno le tracce di questo antico legame. Ecco perchè il padre fa parte della propria figlia dal momento del concepimento in poi, vive dentro di lei ed il rapporto con lei è diretto e spontaneo, naturale, esclusivo e profondamente investito sentimentalmente strutturatosi attraverso il gioco, lo scherzo, il divertimento e una forte intimità. Questa relazione durerà per tutta la vita e vivrà sempre nel ricordo, sarà infatti impossibile dimenticare i momenti più belli vissuti con il proprio papà dai giochi fatti insieme alle discussioni avute durante l'adolescenza,
Il mio papà rimarrà sempre per me il principe azzurro delle fiabe, l' eroe "senza macchia e senza paura", la fonte di protezione e di aiuto, la mia guida, il mio consigliere prediletto, il mio rifugio  non solo nel ricordo di quand' ero una bambina e mi sentivo sicura e protetta nelle sue grandi braccia ma ancora oggi che sono quasi una donna ho bisogno dei suoi abbracci per continuare a sentirmi la "principessa di papà".

BRUNA ROMANO

lunedì 23 marzo 2015

Un alleato comprensivo

Pochi giorni fa c'è stato un incontro con Antonio Scurati, autore de "Il padre infedele", un racconto in prima persona di una paternità, quella di Glauco che ripercorre le tappe dell'incontro con la sua compagna Giulia dall'innamoramento, alla nascita della loro figlia.Scurati, quindi, affronta una tematica molto attuale: la mancanza di paternità, intesa fino a qualche decennio fa in modo marcatamente diverso.Oggigiorno, difatti, i neo-papà assumono altri comportamenti rispetto a quelli che caratterizzavano i "vecchi". La funzione educativa in questo modo, spesso e volentieri, viene affidata alla madre che assume così non solo il ruolo materno che le appartiene, ma anche quello paterno.Un tempo, c'era un distacco padre-figlio sostanziale: ciò che li rapportava erano le regole dettate dal padre a cui il figlio era tenuto a sottostare necessariamente.Il rapporto appariva dunque teso e freddo.Ora invece,la figura paterna ha assunto caratteristiche prettamente femminili facendo sì che si instauri  un rapporto caloroso tra padre e figlio immediatamente alla nascita.È difficile vedere un padre "gelido" e distaccato che non è a conoscenza dei problemi e i "segreti" che circondano la vita  dei figli.Insomma, il papà del XXI secolo non trasmette più regole severe, sguardi minacciosi e punizioni bensì utilizza strumenti affettivi: da autoritario, il papà è ora inteso come un alleato comprensivo.

Alessia Cimino

Il padre infedele

Glauco Revelli è, citando il mio professore, un padre 2.0 nella Milano di oggi, che si destreggia tra famiglia e lavoro per superarne le problematiche che si presentano. Quando sua moglie Giulia gli rivela che probabilmente gli uomini non le piacciono più, arriva il momento della profonda riflessione. È questa la trama del libro di Antonio Scurati: un viaggio alla ricerca di se stessi dal punto di vista di un uomo. Il bello del libro, secondo me, è proprio questo. La storia di un uomo che racconta i propri sentimenti, angosce e perplessità della vita famigliare. Un punto di vista quindi nuovo che ti conduce passo passo nella psiche maschile. Quella di Glauco è l'autoanalisi di un uomo di quarant'anni che scopre piano piano il rapporto tra padre e figlio. 
Dovendo fare una riflessione sulla figura del padre, mi rendo conto che il mio ha tratti alquanto diversi da quelli di Glauco. Tuttavia, non so dire a quale generazione di papà il mio appartenga. 
Mio padre non è mai stato una persona autoritaria, non è mai stato il "padre-padrone" di tanti anni fa, non lo si può definire un uomo severo e dispotico, un uomo privo di sentimenti. Eppure, pensando a quelli che sono i "parametri" dei padri di nuova generazione mi rendo conto che lui, papà, non appartiene nemmeno a questi. 
Ma allora il mio papà che tipo è? Il mio papà è semplicemente il mio papà. È un uomo con il cuore speciale. Da lui ho imparato l'educazione, ad amare con il cuore e ad essere altruista, a perdonare gli altri e ad amare la vita, ad essere tenace e a raggiungere i miei obiettivi. Penso semplicemente che ogni papà sia diverso dagli altri e non importa se sia uno scienziato, un medico, un avvocato, un contadino o un venditore ambulante, se appartenga alla prima o alla seconda generazione, il papà è la cosa più bella che ci sia! 

Enza Napolitano


Quando nasce una famiglia, muore una coppia

L’incontro con Scurati è stato un incontro un po’sconcertante: si è parlato dei padri, padri di vecchia e nuova generazione, padri padri, e padri madri. Quale dei due è più infedele? Il primo nei confronti dei figli non riuscendo o non volendo ricoprire un ruolo nella loro vita o il padre che costituisce la metà non solo all’interno della coppia in quanto tale, ma anche all’interno della coppia in funzione dei figli, che si allontana dagli stereotipi ormai ben lontani?
Un altro è stato il punto di riflessione che mi ha molto colpito: quando nasce una famiglia, muore una coppia. E’ esattamente ciò che penso. Quando nasce una famiglia, è la nuova vita che è al centro di tutto. Non hai tempo per te stessa, per te stesso, per la coppia. La coppia muore, e la cosa spaventosa è che lo fa consapevolmente, ma nonostante ciò non fa nulla per salire a galla. Cosa dovremmo pensare noi ragazzini di diciassette anni di fronte a ciò? Dovremmo accontentarci dell’idea di poter essere felici con qualcuno solo a tempo determinato? Dovremmo pensare che solo le persone forti sono in grado di mantenere saldo un rapporto di vita? E’ questo che hanno da insegnarci gli adulti?Allora se è così non voglio crescere, voglio restare per sempre la diciassettenne illusa ma felice quale sono.

Francesca Rotondi

domenica 22 marzo 2015

I nuovi padri

Credo che il miglior modo per celebrare la festa del papà è stato parlare proprio del papà. Quest'anno il 19 marzo ho partecipato all'incontro con Antonio Scurati, finalista premio Strega con il suo ultimo libro "II padre infedele". 
La figura del padre è una figura fondamentale nella vita di ogni bambino, di ogni bambina, di ogni ragazzo e ragazza. Oggi però questa figura sta radicalmente cambiando, ci troviamo per la prima volta ad osservare dei nuovi padri.
II padre di oggi resta la figura di riferimento essenziale per la formazione e lo sviluppo di un figlio, ma rappresenta una vera e propria rottura con il passato. Infatti il nuovo padre appartiene citando il mio professore di filosofia,alla “generazione 1.0” non può di certo essere bollato come un“padre padrone", un padre autoritario e a tratti dispotico, dove i figli non potevano opporsi alle sue decisioni e il rapporto tra padre e figlio era tutto sbilanciato a favore del primo, che deteneva  un potere decisionale assoluto. Oggi nella nostra società sono avvenuti molteplici cambiamenti che hanno interessato i rapporti tra padre e figlio dando origine ad una figura paterna che si colloca in una posizione meno autoritaria diventando una sorta di essere androgino che diviene madre e padre allo stesso tempo. Il padre moderno prepara la colazione, accompagna i figli a scuola, cucina, lava, stira, pulisce, gioca e aiuta a fare i compiti. ln qualche modo è una figura nuova, mai esistita nella storia, un padre amico un osservatore attento dell 'evoluzione del proprio figlio delle varie fasi della crescila. Diviene una base sicura un punto di riferimento stabile.

I nuovi padri a differenza dei vecchi mettono  il proprio tempo a disposizione dei figli con la consapevolezza che questo comporta un sacrificio in termini lavorativi ma è  comunque qualcosa di più prezioso e bello di qualunque dono. Voglio concludere allegando uno dei passi che più mi ha toccato nella giornata dedicata a Scurati e al tema della figura paterna.

("Forse mia figlia, quando dal futuro si volterà indietro, guardando oltre la spalla della tormentata narrazione paterna di questa loro comune infanzia, non ritroverà, a consuntivo di tutto, il trascurabile turbamento di queste mie pagine, ma il ricordo di un uomo gentile e della sua bambina amatissima che siedono fianco a fianco sullo stesso muretto basso, a contemplare, sorbendo lei il suo succo di frutta alla pesca e lui la sua sigaretta, la ruspa che demolisce un grande edificio per poi ricostruirne uno più bello e più grande. Ecco cosa è stato, penserà, mio padre per me. Un uomo grande e grosso, accovacciato su un muretto basso, magari incapace d’altro ma capace, con la sua rassicurante, inesorabile presenza, di trasformare un’opera di demolizione nell’incantevole spettacolo del mondo» (Antonio Scurati, "Il padre infedele"). 


Davide De Angelis




I genitori ai tempi dei social e di internet

Avere la possibilità di incontrare dal vivo uno scrittore è sempre un gran privilegio.
In questo caso, però, scrivere che l'incontro con Scurati è stato intrigante e stupendo corrisponderebbe a mentire spudoratamente.
Sarò sincera, la volontà di ascoltare c'era, ma per vari motivi, come l'acustica, l'argomento trattato e l'impostazione generale dell'incontro, mi hanno portato a seguire ben poco.
Certamente la discussione mi ha permesso di fare una riflessione su due punti.
Innanzitutto quella riguardo alle conseguenze che la nascita di un figlio ha su una coppia.
E' emerso che l'avvento di un figlio ha in sé del paradossale in quanto la nascita, un lieto evento, coincide con la morte della coppia.
Indubbiamente un figlio stravolge la vita di tutti i giorni, incidendo negativamente anche, ad esempio, sulla vita sessuale.
Io, nonostante tutto, sono arrivata alla conclusione che una coppia giunge al tramonto solo se vi era un'incompatibilità precedente o solo se ci si annulla completamente per i figli.
Dico questo prendendo come punto di riferimento i miei genitori. Sarebbe da ipocriti dire che il loro amore è perfettamente uguale a quello di 30 anni fa, ma, il ritagliarsi sempre degli spazi per se stessi e il fatto,poi, che noi figli siamo cresciuti, li ha portati a tagliare questo traguardo “strepitoso” per la nostra epoca.
Importante,poi, è anche la riflessione riguardo alla figura paterna.
Legandosi alla prassi che sta prendendo sempre più piede negli ultimi anni, anche i miei sono dei genitori tardivi.
Io sono l'ultima di tre figli e con mia sorella maggiore abbiamo 10 anni di differenza quindi i miei genitori avevano quasi 40 anni quando mi hanno avuta.
L'età di mio padre per me non è mai stata un problema, dato che era pressochè uguale a quella degli altri genitori, per mia madre invece la situazione è stata differente.
Lei aveva 10/15 anni di differenza rispetto alle altre mamme; per questo, ogni volta che me lo chiedevano, abbassavo la sua età sensibilmente, non riuscendo a capire che ciò era del tutto normale dato che io avevo dei fratelli che avevano già 20 anni mentre i miei compagni avevano fratelli di 5/6 anni. Con forte rammarico da parte di mia madre :), avendo capito il tutto, non lo faccio più.
In realtà non so dire a quale generazione di papà il mio appartenga.
Sicuramente, non mi ha mai cambiato il pannolino ma questo era solo dovuto al fatto che di giorno lavorava e di sera, dato che era stanco, era mia madre a farlo.
Non è mai stato un uomo burbero né tanto meno autoritario è sempre stato, sebbene alcuni storcerebbero il naso, quasi un amico, che ha, comunque, saputo educarci.
Ora, detto ciò, credo che importante non sia il dare amore ai figli, indipendentemente dai gesti compiuti.
 Auguri a tutti i papà, anche se in ritardo!!

Federica Morelli


Un amore pat-materno



Proprio nei giorni precedenti la Festa del papà, si è svolto l'incontro con l'autore Antonio Scurati, la cui discussione era incentrata sul rapporto tra padre e figlio, ma soprattutto sulla nuova generazioni di padri. Sì, proprio loro.Di solito, con i figli, il ruolo principale è svolta dalla madre, dal momento che è lei a prendersi cura dei propri figli, a partire dalla gravidanza, ovviamente. Di solito alla madre spetta cullarlo, tranquillizzarlo, prendersi cura del corpo del piccolo e della sua pulizia. Scurati, invece, sposta l'attenzione sulla figura paterna , sul suo modo di essere e alla generazione a cui appartiene. L'autore parte da una differenza tra padri di vecchia generazione, quelli che lui chiama "1.0", e padri di nuova generazione. I primi sono soliti assumere comportamenti autoritari, più rigidi, creando in questo modo un rapporto padre-figlio molto più distaccato. Una generazione di padri che proviene da una società in cui vi era una netta distinzione dei ruoli all'interno della famiglia. Era la donna,infatti,  ad occuparsi della casa e della crescita dei propri figli.
I padri della nuova generazione, invece,talvolta divenuti tali in tarda età, sono genitori che si prendono maggiore cura dei propri figli. Padri, che per amore dei figli, sono disposti ad alzarsi nel cuore della notte per cullarli. Padri che riprendendo l'espressione di Scurati "cambiano il pannolino" ai propri figli.
Sono genitori che dedicano loro, parte della giornata, quando è possibile. Padri con cui poter scherzare, ridere ed avere un rapporto quasi fraterno. In questo modo, si instaura un legame molto più intenso, quasi carnale. Personalmente, non so come definire mio padre; forse un padre a metà tra le due generazioni. Talvolta è autoritario, ma solo quando è necessario. Il mio è un padre che nonostante non mi abbia cambiato il pannolino, o fatto il bagnetto è riuscito a prendersi cura di me, pur essendo la terza figlia, dopo già due femmine. Un padre che ogni giorno nutre amore per me, sebbene abbia quasi 18 anni.Il nostro è un bel rapporto, non molto intimo, ma sicuramente forte.Abbiamo caratteri molto simili e lui ne diventa orgoglioso quando mia madre ci dice: "siete uguali!".
Per me è sempre stata la figura maschile perfetta sotto alcuni aspetti,  dal momento che in lui, sin da bambina, ho sempre visto una persona in grado di saper fare qualsiasi cosa, che non ha paura di niente. Quella persona che quando c'èti fa sentire al riparo da tutto e potrebbe accadere qualsiasi cosa... "tanto c'è papà!"
E' stato interessante l'incontro con Scurati; scoprire in qualche modo, il pensiero di un autore su un tema che solitamente è privato. Forse perché a volte si pensa che gli autori siano delle persone diverse dal normale, o si fa difficoltà ad immaginarli in una vita privata, con i propri legami e affetti, che siano amorosi o familiari. Il tema, almeno per me, è stato toccante, e cosa banale, ma che ha reso l'incontro più intrigante è stato il fatto che l'evento si è svolto nei giorni precedenti la Festa del papà; e dunque, ciò mi ha consentito di fare una maggiore riflessione, sia sulla Festa del papà, sia sulle parole di Scurati,ma soprattutto sul rapporto che ho con mio padre.

Martina Gagliarde 

Amor patris


A dire la verità, l'incontro con Antonio Scurati non mi ha colpito particolarmente. Scrittore abbastanza rinomato, ha parlato del suo ultimo libro, "Il padre infedele", - vincitore, tra l'altro, anche del Premio Strega - eppure non mi ha coinvolto. Insomma, non è stata una di quelle giornate da non dimenticare. Il motivo principale, però, è che non ho letto il libro. Non ho potuto comprendere appieno le parole dell'autore e non ho potuto giudicare la sua opera con atteggiamento critico proprio perché ne so ben poco. Sono sicura che si tratta di un bel libro, ma non posso permettermi di commentarlo. E' stata molto più interessante, invero, la presentazione fatta in classe, il giorno precedente, dal professore Sguera. Mentre dell'incontro con Scurati ricordo ben poco, molte parole del professore, al contrario, mi sono rimaste impresse nella mente. 
Pur non avendo letto "Il padre infedele", mi sono immersa in uno dei temi che vi sono affrontati - che, tra l'altro, da quanto mi sembra di aver capito, è il più interessante - , ossia quello della "rivoluzione paterna", nella quale siamo completamente immersi. A scuola studiamo società patriarcali, uomini severi e dispotici, privi di sentimenti, senza renderci conto che questo mondo, che ci sembra lontanissimo da quello attuale, non lo è poi così tanto. Erano uomini autoritari anche i nostri nonni. I nostri genitori sono cresciuti senza il loro affetto. Per mia madre, suo padre era semplicemente colui che stabiliva le regole, il detentore dell'ordine e della giustizia. Sono ancora autoritari, addirittura, anche alcuni padri moderni. Molti bambini continuano ad essere cresciuti soltanto dalle loro madri. La società, però, a grandi linee, è cambiata, sta cambiando. Stiamo vivendo una vera e propria rivoluzione; io stessa ne faccio completamente parte. I padri si stanno "affemminando", stanno iniziando ad assumere il ruolo delle madri, a dedicarsi alla cura dei figli come della casa e ad instaurare con essi un rapporto di empatia.
La domanda si pone da sola, inevitabilmente: quale, tra i due "tipi" di padre, è il migliore? Come deve essere il padre perfetto? E' meglio essere un padre di prima o di seconda generazione? 
So di essere ancora troppo piccola per poter comprendere appieno cosa significhi essere genitori, aver cura di un individuo che è sangue del tuo sangue, carne della tua carne. Sono consapevole di non avere ancora capito completamente cosa sia la famiglia, eppure mi sento in grado di rispondere. Molte tra le mie amiche hanno dei padri autoritari, quei padri di vecchia generazione. Sinceramente, si vede ad occhio nudo che la loro debolezza, fragilità, mancanza di autostima non è altro che una conseguenza delle carezze mai ricevute. Ne sono sempre stata convinta. Non voglio certo dire che tutti i padri autoritari non siano capaci di educare i loro figli, anche perché, per quanto riguarda l'imporre delle regole, si dimostrano essere  molto bravi, forse anche migliori dei padri di nuova generazione. E' sbagliata, però, a mio parere, la maniera in cui essi li educano. Stabilire delle leggi non implica il rifiuto dell'amore. Si può - e si deve- essere severi quando è necessario, perché, in alcuni casi, bisogna farsi valere ed essere rigidi, ma la parte più importante nelle relazioni tra padre e figlio è quella che riguarda l'affetto.
Sono una ragazza abbastanza ben educata perché mio padre ha saputo trasmettermi giusti modello di comportamento senza che io non abbandonassi mai la fiducia e la stima nei suoi confronti. Sono quella che sono perché i miei genitori hanno saputo essere al contempo miei capi e miei amici. Li ho sempre rispettati non perché vedo in essi degli uomini potenti, severi e,quindi perché no, anche "cattivi", ma perché li considero delle persone buone, che sanno cos'è il giusto e lo sbagliato, e non voglio far altro che insegnarmelo. Sono fiera di essere figlia di un padre di seconda generazione, che fino a qualche anno fa era il mio fidanzato, l'uomo che mi metteva la pomata quando mi facevo male, mi teneva la mano ogni volta che ero dal dentista, mi regalava il giocattolo che tanto desideravo per ricompensarmi dei miei buoni atteggiamenti, che, quando mi veniva a prendere all'uscita dalla scuola, mi toglieva lo zaino dalle spalle perché pesava e che, di notte, ogni tanto si svegliava e si alzava dal letto per controllare se dormivo tranquilla. Un padre che mi ha anche dato degli schiaffi, pochi - davvero pochi in confronto a quanti, invece, ne hanno ricevuti le mie amiche - ma che mi sono bastati per comprendere le sue lezioni. Un uomo che ancora adesso mi chiama "miss" e che si ingelosisce quando mi vede con un altro ragazzo. Adesso entrambi sappiamo che i tempi sono cambiati, che lui non è più il mio fidanzato, ma anche se io desidero forse allontanarmi sempre di più, continua ad amarmi.Si può insegnare qualcosa anche attraverso l'amore, quindi perché dovremo eliminarlo? L'amore non è mai una risposta sbagliata.

Aurora Mella

Il mammo



Parto dal presupposto che incontrare l’autore di un libro ci permette di entrare in contatto con l’altro, arricchisce la nostra mente, e spesso anche la nostra anima. Trovo meraviglioso poter guardare la vita dal punto di vista di un altro, e forse l’unico modo per farlo, l’unico modo per aprirci alla comprensione della mente e dei sentimenti umani è la lettura. Un libro non racconta un’ esperienza di vita individuale, un libro è conglomerato di idee, passioni, sentimenti che ci riempiono, ci nutrono ci permettono di vivere tante vite, tante quanti sono i personaggi delle nostre letture. Il personaggio de “Il padre infedele”, presentato da Scurati, ci racconta la storia di un padre, un padre nuovo, appartenente alla generazione attuale. Un padre-madre che si prende cura della sua bambina in ogni suo passo verso la vita. Credo sia naturale che, nell’ascoltare la sua presentazione io abbia pensato al mio di padre, un padre che forse può essere collocato nel gruppo dei papà moderni. Un papà che si è sempre preso cura di me, cambiandomi il pannolino e tenendomi la mano fino all’età di dieci anni, prima di addormentarmi, perché solo il calore e la protezione che la sua mano trasmetteva mi rassicurava e mi faceva chiudere gli occhi. Credo almeno per quanto mi riguarda, che un papà presente in tutto nella vita di un figlio, possa farlo diventare una persona più completa. Io, da figlia, sono convinta che un papà sia il primo grande amore, il primo uomo per cui si prova un affetto profondo e sincero, senza riserve. Ovviamente non per questo un padre deve essere meno autoritario. Il papà è un condensato di dolcezza e autorità, secondo me. Deve prendersi cura dei suoi bambini, ma dimostrare loro l’importanza del rispetto reciproco, spesso anche dettando delle regole.
L’incontro, devo dire, ha un po’ deluso le mie aspettative, non mi è piaciuta molto l’organizzazione, ne’ l’approccio usato dall’autore. Non mi ha coinvolto tanto quanto i due precedenti autori che abbiamo incontrato, non per il tema affrontato, che secondo me era davvero interessante, pur non essendo a diretto contatto con il mondo dei giovani, quanto, forse, per il modo di presentarlo.

Claudia Pastore

sabato 21 marzo 2015

«Quando nasce una famiglia muore una coppia»

“Quando nasce un figlio muore una coppia”uesto è per me l’emblema del romanzo “il padre infedele” di Antonio Scurati, presentatoci dal professore Sguera in vista  proprio dell’incontro con l’autore. Una frase, questa, shoccante così come scioccante è l’alone di verità di cui è impregnato il libro. 
E’ stato un incontro piacevole, dovuto anche al tono amichevole adottato dall’autore stesso durante la conferenza , che si è presentato a noi come un semplice scrittore, né come genitore , né come professore, e la differenza rispetto agli altri incontri c’è stata e come. Sono rimasto molto colpito dall’incontro anche perché ho pensato alla trama di questo libro: si parla di uno chef che diviene padre ad un’età avanzata e che al contempo subisce uno shock dalla propria donna: quest’ultima non gli si “concede” dal momento del parto e, dopo una lunga riflessione,dichiara al marito di non sapere più se sia etero o meno. A questo punto il protagonista, in preda ad una “crisi”, decide di ristabilire i confini che delimitano il mondo paterno da quello materno: in poche parole egli rompe con la tradizione che attribuiva alla mamma determinate mansioni e al padre delle altre completamente differenti e più virili. Proprio per questo aspetto l’incontro , così come il libro, è risultato estremamente attuale: egli parla della generazione di padri che riescono a dare amore “materno” ai propri figli. Allo stesso tempo Scurati è abile nel descrivere anche l’evoluzione che sta subendo la società odierna in cui , appunto , i due ruoli si mescolano sempre più.
Ciò che mi è piaciuto di più è pensare al fatto che l’esperienza di cui parla Scurati nel proprio libro è in parte autobiografica. La sensazione è quella di sentirsi molto vicini al libro perché si è molto vicini all’autore, che è , in questo caso, anche personaggio.

Osvaldo Salvatore   

giovedì 19 marzo 2015

"Scrivere" è uguale a "Emozionare"

È una pura coincidenza dover scrivere il resoconto di un incontro con l’autore di un libro riguardante la figura del padre il giorno della Festa del Papà. È un’occasione in più per poter riflettere sul rapporto che noi stessi abbiamo con i nostri genitori, sulla loro figura e sulla loro importanza nella nostra vita. Io, ad esempio, ho capito di aver un padre appartenente, citando il mio prof di filosofia, alla “generazione 1.0”: un padre all’antica, che ha sempre basato la sua presenza nella mia vita sull’autorità, non per questo volendomi meno bene. Un padre che, per rispondere a Scurati, secondo il quale si vive in un’epoca stereotipata dove alcuni capisaldi trascinano tutto il resto dietro di sé, non si troverebbe a Milano, stereotipo per eccellenza, neanche se ci andasse ad abitare, e che probabilmente non riuscirebbe neanche a capire cosa significa “seguire la massa”. Un padre che ha cominciato solo da qualche anno a cucinare per la famiglia, ma che non ha mai preso l’iniziativa di cambiarmi un pannolino o di lavarmi, come la nuova generazione di padri, invece, fa.
La mia riflessione, però, è andata oltre. Il bello di un incontro con l’autore di un libro, infatti, non è tanto il potergli porre delle domande o ricevere dei chiarimenti riguardo alle sue parole, ma è piuttosto approcciarsi a qualcosa che non è solo il suo scritto, ma la base stessa da cui esso nasce: la scrittura. Attraverso i diversi incontri che abbiamo potuto fare 
con la nostra scuola mi è stato per la prima volta chiaro che la letteratura non è qualcosa a sé stante, che muove dai libri e che solo le penne degli scrittori riescono a muovere. Lo “scrivere” , che mi piacerebbe tanto riuscire a praticare con risultati migliori di quelli che rappresentano i miei stentati e mediocri voti in italiano a scuola, mi è sembrato non più il semplice predicato della professione di uno scrittore, quanto un qualcosa di universale, che riesce a coinvolgere prima l’autore, e che poi coinvolgerà anche tutti i lettori, come una passione multiforme che attrae, ciba chi ama leggere e sazia chi ama scrivere. Per la Cilento si trattava di creatività e contemporaneamente di attualità, quel tipo di scrittura che fa fantasticare e allo stesso tempo meditare; Affinati, invece, parlava di “letteratura che nasce dalla vita e che alimenta la vita”. Ieri, per Scurati, la letteratura è diventata causa ed effetto di un’azione universale dell’uomo, che crea delle storie affinché noi le possiamo vivere, come se le sillabe di cui le parole sono composte non fossero altro che le nostre mani, i nostri occhi, le nostre gambe: il modo, insomma, per poter sentire sulla nostra pelle, e non solo leggere, una storia . Questo è il bello di cui parlavo e questo, d’altronde, è il motivo che rende in qualche modo speciali queste occasioni anche per coloro che non hanno finito, o magari neanche cominciato, il libro che l’autore sta presentando.  Non si tratta di capire quella che è la preparazione e lo stile che l’autore rappresenta nei suoi righi, e Scurati lo ha detto chiaramente: un bell’aspetto, una buona proprietà di linguaggio e una buona cultura sono importanti, ma non ci permettono di vivere tanto quanto, al contrario, ci permettono di guadagnare. Si tratta, invece, di poter andare molto oltre lettura di una narrazione in prima persona,  capire quale è la necessità che è alla base di un libro, che ha scosso così tante menti prima di noi, e riuscire, nella breve durata dell’incontro, a sentirla tangibile, e contemporaneamente a poter toccare il senso di fierezza che sta alla fine di un’opera conclusa.

La mia è una mente inesperta, che si lascia facilmente sedurre da questa specie di amore, diverso per qualsiasi persona che decide di sedersi e scrivere su di un foglio una storia.  Un amore che ha la necessità di essere vissuto, di essere ricordato e di essere condiviso: quale migliore occasione di un incontro di questo genere per poterlo fare?


Giovanna Pallotta

mercoledì 18 marzo 2015

Siamo una massa di privilegiati

Scurati, lo si capisce subito, è un dotto della lingua italiana e una personalità di tutto rispetto. La sua maestria nell'ars dicendi lo rende per certi versi interessante. L'incontro non è stato all'altezza dei precedenti, semplicemente perché non ho avuto il tempo di legger il libro " Il padre infedele", presentato dallo scrittore milanese oggi a Benevento. Non ho potuto in tal modo essere catturato dalle sue parole più di tanto, ma il suo monologo spezzettato da una serie di domande mi è parso, in certi punti, necessitante di ascolto. Gli scrittori, si sa,sono persone non comuni, che utilizzano spesso la fantasia, hanno un lessico approfondito e molto elevato. Scurati aveva probabilmente molta voglia di parlare a noi ragazzi senza però saperlo fare come i vari Cilento o Affinati. Con questo non voglio contraddirmi, sia chiaro, ma non posso dire che la sua conferenza sia diventata indelebile nella mia memoria. Probabilemente dopo aver letto il libro la penserò in maniera diversa. Eppure, come ho già adesso, la sua bravura nel parlare mi ha in tratti catturato, come nel momento in cui paragona diverse civiltà, e come exemplum racconta di sua madre che viveva in condizioni misere. Io credo che noi , generazioni giovani e pronte a subentrare nella società a quella dei nostri genitori, poche volte ci poniamo il dubbio su come si vivesse prima. La storia in parte ci aiuta, quando c'era l'Ancient Regime in Francia, o la società feudale. Siamo una massa di privilegiati e non ce ne rendiamo conto. Siamo una massa di esperti tecnologi e non ce ne rendiamo conto. Siamo una massa di ignoranti quando non ci rendiamo conto di cosa c'era prima e di cosa c'è adesso, quando ignoriamo la vita dei nostri genitori. Siamo una massa di futuri padri, soprattutto. Siamo una massa di giovani che ,dalle altre generazioni,è diversa in tutto e per tutto. Questa cosa mi ha colpito molto; per il resto, sarà stata anche interessante, ma non trovo nulla da sottolineare. Non ci resta che leggere, allora!

Luigi Caporaso